Memoria di Mara

dal libro “Mara Meoni, una compagna” ritratto politico collettivo, a cura di Silvia Folchi e Laura Mattei, Nuova immagini editrice, 2009

Mara Valentini in Meoni

Mara Valentini nasce a Colle Val d’Elsa il 12 agosto 1925, seconda di tre fratelli.
Frequenta con impegno la scuola a Colle, ma, a conclusione del ciclo elementare, è costretta, come i fratelli, a interrompere gli studi a causa della difficile situazione economica della famiglia; sono tempi difficili per chi si oppone al regime fascista e non ha la tessera del PNF.
Mara lavora in un lanificio, dove diviene presto capofabbrica. Questo ruolo la pone in una posizione di mediazione tra  il proprietario e le operaie, ruolo che svolge facendosi apprezzare dalle sue compagne che vedono in lei un riferimento umano e politico.
Appena dopo la liberazione Mara si iscrive al Partito Comunista Italiano e contemporaneamente accetta un incarico dal sindacato Cgil di Colle Val d’Elsa come responsabile del settore tessile della provincia di Siena. E’ frequentando il partito che conosce Vittorio Meoni che sposa nel 1947.
Elia Monnecchi, Mara, Ilia Coppi e Vittorio Meoni
Dopo un anno a Roma, dove lavora nella segreteria di Teresa del Noce, e l’esperienza della scuola di partito a Milano, nel 1949 rientra a Siena, dove comincia il suo impegno volontario e costante nel Partito comunista.
Intorno alla metà degli anni 50 il suo impegno primario diventa l’UDI (Unione Donne Italiane): convinzioni politiche e personali si intrecciano nelle lotte che Mara porta avanti per vedere tradotti nella realtà i diritti indispensabili per una vera emancipazione femminile.
Acquista subito un ruolo centrale nell’organizzazione di molte battaglie che l’UDI senese conduce, in un rapporto di collaborazione/opposizione non sempre facile con l’interlocutore politico che guida l’amministrazione pubblica, lo stesso Partito comunista cui Mara e gran parte delle donne dell’UDI sono iscritte.
Con gli anni 60 la battaglia per l’emancipazione femminile si allarga a molti nuovi ambiti: la rivendicazione della parità salariale, la denuncia della quasi tatale mancanza di servizi sociali, di strutture sanitarie diffuse sul territorio, di asili nido, scuole materne e scuole a tempo pieno. La vertenza sui servizi sociali rende l’UDI portavoce, in anticipo rispetto al panorama culturale nazionale, di un concetto nuovo: quello del diritto, da parte dei cittadini, ad avere garantiti dalla comunità i servizi necessari, che devono anche essere controllati democraticamente.
Delegazione dell'UDI davanti al Palazzo Pubblico di Siena
Con la metà degli anni ’70 irrompe sulla scena il movimento femminista. I collettivi femministi manifestano da subito pratiche profondamente diverse dalle forme organizzative di un movimento come l’UDI, strutturato in maniera istituzionale e accusato dalle femministe di ricalcare le gerarchie dei partiti politici, in particolare del Partito comunista, oltre che di esserne di fatto una estensione.
Per le giovani donne dei collettivi è fondamentale partire dalla propria condizione di genere, in modo spontaneo e movimentista. Le battaglie per l’emancipazione passano ora in secondo piano rispetto al capovolgimento culturale radicale che il movimento femminista invoca per la liberazione della donna.
Tuttavia, nonostante le diversità, che non sono solo di esperienza politica ma generazionali, di scolarità, di linguaggio, L’UDI e i collettivi senesi si incontrano, decidendo si condividere la piazza in un movimentato 8 marzo del 1977.
Da allora i momenti di incontro (e di scontro) sono numerosi, soprattutto nella battaglia per l’ottenimento del consultorio publico, che, nell’intenzione delle donne, deve essere non solo un ambulatorio, ma un luogo per la tutela della salute della donna, in cui si facciano prevenzione, informazione, intervento, e in cui la partecipazione sociale sia garantita da un comitato democraticamente costituito.
L'assemblea del consultorio (archivio UDI)
In questa battaglia, il difficile compito di sostenere l’equilibrio tra componenti tanto diverse è assunto da Mara, che grazie al suo indubbio carisma e alla sua lucidità politica non ha paura di portare dentro l’UDI le posizioni molto più radicali delle feministe. Pur conservando le idee legate alla sua formazione politica e culturale e vivendo anche pesanti contraddizioni  tra il piano politico e quello personale, Mara, a livello pubblico, non ha paura di aprirsi alla condivisione della lotta al fianco dei collettivi e con le donne di altre formazioni, anche a rischio di aprire un difficile dibattito interno sia nell’UDI che dentro il Partito comunista.

Nel 1979 Mara scompare a soli 54 anni. Nel 1980, nel corso di una assemblea commemorativa nell’anniversario della sua morte, nasce l’idea: facciamoci dare uno spazio dalle istituzioni e dedichiamo a lei un luogo dove continuare il suo lavoro. Il Centro culturale “Mara Meoni” apre nel 1981, raccogliendo molto materiale e allestendo una importante biblioteca; l’iniziativa è di donne dell’UDI ma aderiscono subito anche donne del femminismo. E’ intitolato a Mara per testimoniare l’importanza che questa donna ha avuto nel movimento femminile senese, perchè continui a esistere il ricordo della passione e dell’impegno con cui Mara ha condotto tante battaglie per la crescita sociale e culturale delle donne.